Con il Decreto Trasparenza (D.lgs n.104/2022) il legislatore ha rafforzato gli obblighi informativi a carico del datore di lavoro che sarà onerato, all’inizio del rapporto di lavoro, della comunicazione di ulteriori informazioni al lavoratore. Quest’ultime, previste dal Decreto, dovranno essere trasmesse dal datore in formato cartaceo oppure elettronico, conservando prova dell’avvenuta trasmissione o ricezione per un termine minimo di cinque anni dalla conclusione del rapporto di lavoro e dovrà in ogni caso garantire la conservazione delle informazioni medesime, rendendole accessibili al lavoratore.
La disciplina nasce in risposta ai solleciti provenienti dall’Unione Europea in attuazione della direttiva 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 “relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea”.
Con la novella normativa si vuole garantire che il lavoratore venga adeguatamente informato sugli aspetti principali del contratto di lavoro e sulle condizioni di lavoro. La tendenza da parte delle istituzioni europee è di adottare una normativa generale che sia applicabile a tutti i rapporti di lavoro. Tuttavia, ciò ha dato vita ad una disciplina complessa ed insidiosa, e di tali caratteri ne risente la norma nazionale di recepimento1. Sebbene il legislatore europeo abbia previsto la possibilità per gli Stati di stabilire alcune esclusioni, gli spazi sono comunque limitati2: in particolare, la nuova disciplina si applica ai rapporti di lavoro subordinato, ivi compreso quello di lavoro agricolo, tempo indeterminato e determinato, a tempo parziale; ai contratti di lavoro somministrato ed ai contratti di lavoro intermittente. Ma il legislatore non si è fermato ai soli rapporti lavoro subordinato, ha previsto l’applicazione anche al rapporto di collaborazione con prestazione prevalentemente personale e continuativa organizzata dal committente, al contratto di collaborazione coordinata e continuativa e al contratto di prestazione occasionale. Questi ultimi sono certamente riconducibili nell’ambito del lavoro autonomo e proprio per questo il legislatore ne ha stabilito l’applicazione nei limiti della compatibilità. Questa limitazione potrebbe, tuttavia, causare delle incertezze applicative3.
Le previsioni riguardano anche i lavoratori marittimi e i lavoratori della pesca, fatta salva la disciplina speciale vigente in materia ed i lavoratori domestici.Sono invece esclusi dall’applicazione del decreto i rapporti di lavoro autonomo di cui al titolo III del libro V del codice civile, quelli di lavoro autonomo di cui al decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, i rapporti di lavoro caratterizzati da un tempo di lavoro predeterminato ed effettivo di durata pari o inferiore a una media di tre ore a settimana in un periodo di riferimento di quattro settimane consecutive, i rapporti di agenzia e rappresentanza commerciale, i rapporti di collaborazione prestati nell’impresa del datore di lavoro dal coniuge, dai parenti e dagli affini non oltre il terzo grado, che siano con lui conviventi ed infine e i rapporti di lavoro del personale dipendente di amministrazioni pubbliche in servizio all’estero.
Un problema posto dalla nuova disciplina è la mancanza di un regime transitorio. Il Decreto è entrato in vigore il 1° agosto 2022 con riferimento a tutti i rapporti di lavoro già instaurati a partire da tale data. Di conseguenza, il datore di lavoro, a fronte di una richiesta scritta formulata dal lavoratore il cui rapporto di lavoro sia in essere alla data del 1° agosto 2022, è tenuto a fornire, aggiornare o integrare entro il termine di sessanta giorni le informazioni specificamente previste dal Decreto. Diversamente, con riferimento ai rapporti di lavoro non ancora sorti alla data del 1° agosto 2022, la norma troverà applicazione a partire dal 13 agosto 2022, a seguito del decorso di periodo di vacatio legis per consentire la conoscenza dello stesso. Tale obbligo di informazione deve essere alternativamente assolto mediante la consegna al lavoratore, all’atto dell’instaurazione del rapporto di lavoro e prima dell’inizio dell’attività lavorativa, del contratto individuale di lavoro, redatto in forma scritta, o della copia della comunicazione di instaurazione del rapporto4.
La comunicazione deve avvenire in modo chiaro e trasparente. Le informazioni non contenute in tali documenti sono in ogni caso fornite per iscritto al lavoratore entro i sette giorni successivi all’inizio della prestazione lavorativa.
Lo scopo della direttiva europea è migliorare le condizioni di lavoro promuovendo un’occupazione più trasparente e prevedibile, pur garantendo al contempo l’adattabilità del mercato del lavoro. L’obiettivo è ampliare i diritti dei lavoratori. Questi ultimi hanno diritto all’informazione sugli elementi essenziali del rapporto di lavoro: sulle condizioni di lavoro e la relativa tutela.
Nello specifico, in aggiunta ai dati generalmente forniti in occasione della instaurazione del rapporto (quali, esemplificativamente: l’identità delle parti, il luogo di lavoro, la sede o domicilio del datore di lavoro, inquadramento, livello e qualifica attribuiti al lavoratore o, in alternativa, le caratteristiche o la descrizione sommaria del lavoro, la data di inizio del rapporto di lavoro, la tipologia di rapporto di lavoro, la durata dell’eventuale periodo di prova) il datore di lavoro è tenuto a comunicare al lavoratore le informazioni inerenti all’eventuale diritto a ricevere la formazione. Per ciò che riguarda le ferie, il datore deve comunicare la durata o, se ciò non può essere indicato in quel momento, le modalità di determinazione e fruizione delle stesse. Inoltre, devono essere specificati la procedura, la forma e i termini del preavviso in caso di recesso del datore di lavoro o del lavoratore.
Ancora, si aggiungono una serie d’informazioni quali l’importo iniziale della retribuzione e i relativi elementi costitutivi, con l’indicazione del periodo e delle modalità di pagamento, la programmazione dell’orario di lavoro, il contratto collettivo, anche aziendale, applicato al rapporto di lavoro, con l’indicazione delle parti che lo hanno sottoscritto, gli enti e gli istituti che ricevono i contributi previdenziali e assicurativi dovuti dal datore di lavoro e qualunque forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal datore di lavoro stesso.
Insomma, si cerca di fornire al lavoratore un quadro più chiaro e completo del contratto che sottoscrive.
Il Decreto disciplina anche l’ipotesi dell’uso di sistemi automatizzati. Più precisamente si distinguono due tipologie: i sistemi decisionali e i sistemi di monitoraggio. Per sistemi decisionali, si intendono quegli strumenti che, attraverso l’attività di raccolta dati ed elaborazione degli stessi effettuata tramite algoritmo, sono in grado di generare decisioni automatizzate. Tra questi rientrerebbero chatbots capaci di decidere l’assunzione o il conferimento di incarichi, sistemi che revocano o assegnano automaticamente compiti o mansioni, analisi statistiche o digitali che determinano la variazione della retribuzione.
Per quel che concerne i sistemi di monitoraggio incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori, si ritiene che il datore di lavoro abbia l’obbligo di informare il lavoratore dell’utilizzo di tali sistemi automatizzati. Rientrano in tale categoria tablet, dispositivi digitali, gps e geolocalizzatori, sistemi per il riconoscimento facciale, a condizione che questi producano decisioni automatizzare che incidono sul rapporto di lavoro5.Per ciò che riguarda la retribuzione, a seguito di contrasti interpretativi è intervenuta la circolare del Ministero del Lavoro, n. 19 del 20 settembre 2022. Quest’ultima cerca di chiarire cosa il legislatore intenda laddove prevede l’obbligo di indicare «l’importo iniziale della retribuzione o comunque il compenso e i relativi elementi costitutivi, con l’indicazione del periodo e delle modalità di pagamento». Per il Ministero, con la riforma si è inteso ricomprendere tutte quelle componenti della retribuzione di cui sia oggettivamente possibile la determinazione al momento dell’assunzione, secondo la disciplina di legge e del contratto collettivo6, non spiegandone anche in tale ipotesi il significato, mentre non dovranno essere comunicati gli importi degli elementi variabili della retribuzione, quale ad esempio il premio di risultato, ma solo i criteri in base al quale tali elementi variabili sono riconosciuti e corrisposti7.
In conclusione, sicuramente grazie al Decreto Trasparenza il lavoratore è più tutelato ma restano ancora punti della normativa da chiarire.
L’autrice Angela Chianese garantisce l’autenticità del contributo, fatti salvi i riferimenti agli scritti redatti da terzi. Gli stessi sono riportati nei limiti di quanto consentito dalla legge sul diritto d’autore e vengono elencati di seguito. Ai sensi della normativa ISO 3297:2017, la pubblicazione si identifica con l’International Standard Serial Number 2785-2695 assegnato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche.
1)Asnaghi Andrea, Trasparenza e diritti della Direttiva Europea 2019/1152: distonie non solo italiane, Lavoro Diritti Europa, volume n. 3, 2022, pag. 3
2)Proia Giampiero, Ambito di applicazione e finalità del decreto trasparenza, Guida al Lavoro, volume n. 39, 2022, pag. 3-9
3) Bonati Gabriele, Contratto di collaborazione coordinata e continuativa, Guida al Lavoro, volume n.15, 2022, pag. 22-24
4) Falasca Giampiero; Evangelista Elia, Il Decreto Trasparenza: nuove regole sulla gestione dei rapporti di lavoro, Guida al Lavoro, volume n. 33-34, 2022,pag. 12-24
5) Rossilli Beatrice, Gli obblighi informativi relativi all’utilizzo di sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati indicati nel decreto “Trasparenza”, Federalismi.it. Ottobre 2022
6) Trusi Armando, Il “decreto trasparenza”: profili sistematici e problematici, Lavoro Diritti Europa, volume n. 2, 2022, pag. 11
7) Falasca Giampiero; Verde Sara, Decreto Trasparenza: i chiarimenti del Ministero del Lavoro, Guida al Lavoro, volume n. 38, 2022, pag. 12-19