L’art. 119 della Costituzione italiana sancisce il principio del federalismo fiscale, prevedendo, dunque, una piena e completa autonomia finanziaria di entrata e di spesa per gli enti locali. Per la realizzazione delle funzioni pubbliche loro attribuite, gli enti locali stabiliscono e applicano tributi propri, in armonia con la Costituzione e con i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario nazionale e dispongono, altresì, di compartecipazione al gettito dei tributi erariali riferibile al loro territorio. Al riguardo, l’art. 149 del T.U.E.L stabilisce che «l’ordinamento della finanza locale è riservato alla legge che la coordina con la finanza statale e con quella regionale» e che, come precisato dal comma 2 del medesimo articolo, «Ai Comuni e alle Province, riconosce, nell’ambito della finanza pubblica, autonomia finanziaria fondata su certezza di risorse proprie e trasferite». È doveroso precisare, come previsto dall’art. 150 del T.U.E.L., che è riservato sempre alla legge l’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, stabilendo per gli stessi «i princìpi in materia di programmazione , gestione e rendicontazione, nonché i principi relativi alle attività d’investimento, al servizio di tesoreria, ai compiti e alle attribuzioni dell’organo di revisione economico-finanziaria e, per gli enti cui sia applicabile, la disciplina del risanamento finanziario». In aggiunta a tali risorse, lo Stato prevede e finanzia un fondo perequativo per fronteggiare le sopravvenute e impellenti necessità degli enti con minore capacità contributiva (fiscale) per abitante e, tale fondo, è utilizzabile con margini, piuttosto, liberi, non essendo sottoposto a nessun vincolo di destinazione ed è finanziato da quote di entrate tributarie e da risorse erariali. Inoltre, il comma 5 dell’art. 119 Cost. contempla, inoltre, la possibilità per lo Stato di intervenire con risorse aggiuntive e di prevedere speciali interventi a favore di terminati enti locali, al fine di promuovere valori di rilievo costituzionale quali: i diritti della persona, la solidarietà sociale, lo sviluppo economico, la coesione per neutralizzare e rimuovere gli squilibri economici e sociali. Tuttavia, va precisato che le risorse assegnate hanno un vincolo di destinazione, nel senso che devono essere erogate solo per il perseguimento delle finalità specificamente esplicitate e fissate nel medesimo comma 5. Al fine di dare attuazione ai principi contenuti nel novello art. 119 Cost., il Parlamento ha approvato la L. del 5 maggio 2009, n. 42, con cui è stata delegata al Governo la necessità di adottare uno o più decreti legislativi volti a favorire la piena attuazione del succitato articolo per assicurare l’autonomia finanziaria di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, nel rispetto dei principi di solidarietà e di coesione sociale, nonché di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio. L’autonomia finanziaria di tali enti, non è illimitata e insindacabile, ma incontra delle limitazioni e dei vincoli quali espressione della necessità di rendere coerente l’andamento del sistema delle autonomie locali con le finalità dell’intero apparato pubblico. Uno di questi vincoli è stato introdotto con la L. Cost. del 20 Aprile 2012 n. 1 che ha inserito in Costituzione il vincolo del pareggio di bilancio per lo Stato per decongestionare e frenare la crescita del debito pubblico, vincolo, poi, esteso – mediante un’ulteriore modifica dell’art. 119 – anche alle Regioni e agli enti locali, disponendo che l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa debba essere esercitata nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci e concorrendo ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea. Tuttavia, per semplificare un quadro normativo, piuttosto, complesso, il legislatore dispone dal 2016, il superamento delle norme relative al Patto di stabilità interno rendendo sufficiente per gli enti locali – per uniformarsi ai vincoli della finanza pubblica – il rispetto dell’equilibrio di bilancio di cui alla L. 243/2012: cioè saldo non negativo tra entrate e spese finali. Inoltre, la legge 145/2018 (legge di bilancio 2019), da un lato, ha ridimensionato e ridotto i vincoli gravanti sugli enti locali e, dall’altro, ha fissato i nuovi principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, al posto di quelli delineati dalla L. 232/2016, stabilendo che, al fine di rispettare i vincoli della finanza pubblica, gli enti locali si considerano in equilibrio in presenza di un esito e, dunque, di un risultato di competenza dell’esercizio non negativo. Prospettive di riforma in materia si individuano nel PNRR che prevede la necessità di implementare e definire un sistema di contabilità basato sul principio Accrual unico per il settore pubblico, in linea con il percorso delineato a livello internazionale ed europeo per la definizione dei principi e degli standard contabili nelle pubbliche amministrazioni (IPSAS/EPSAS) e in attuazione della Direttiva 2011/85/EU del Consiglio. Conservando, dunque, la prospettiva di analisi europeista è necessario ricordare che – oltre alla previsione costituzionale (e, pertanto, nazionale) di un fondo perequativo, ossia di uno strumento, senza vincoli di destinazione per mitigare le diseguaglianze socio-economiche1 tra i vari territori che presentano una minore capacità fiscale per abitante – tra le risorse aggiuntive, di cui dispongono gli enti autonomi, vi sono quelle derivanti dai finanziamenti dell’Unione europea che negli ultimi anni hanno assunto sempre maggior rilievo. Tra i compiti dell’Unione europea vi è, infatti, anche quello di promuovere la coesione e l’integrazione economico-sociale delle varie aree europee, predisponendo strumenti ad hoc, i c.d. fondi strutturali per lo sviluppo delle aree depresse degli Stati europei. L’Unione europea, pur essendo pervasa e intrisa da un forte senso di identità culturale e storica, è, tuttavia, costituita da un gruppo di Paesi con notevoli differenze economiche. Per tale ragione, – e, soprattutto, al fine di individuare un percorso di crescita comune e di sviluppo unitario – è risultato fondamentale attuare una politica di coesione economica, sociale e territoriale. L’art 175 del TFUE indica tre differenziati strumenti che concorrono ciascuno e tutti insieme, alla realizzazione degli obiettivi di coesione economica, sociale e territoriale: la politica economica degli Stati membri, le misure strutturali dell’UE e le azioni specifiche dell’UE al di fuori dei fondi strutturali. I fondi strutturali d’investimento europei (Fondi SIE) rappresentano il principale strumento finanziario mediante il quale l’UE persegue gli obiettivi della politica di coesione. Il primo strumento finanziario di natura comunitaria è il FSE (Fondo Sociale Europeo), ma ad esso si affianca il FSRE (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) . Questi fondi strutturali rappresentano strumenti finanziari di fondamentale importanza e son volti a promuovere lo sviluppo e l’adeguamento strutturale delle regioni a sviluppo ritardato, a riconvertire le aree in declino industriale, a lottare contro la disoccupazione strutturale, a facilitare l’inserimento professionale dei giovani e ad accelerare la riforma del sistema agrario. Vi sono, poi, ulteriori fondi messi a disposizione dall’Unione Europea e sono: il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC), il Fondo di Coesione (FC), il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEARS), il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP). Inoltre, la Banca Europea per gli investimenti (BEI) è azionista di maggioranza del Fondo Europeo per gli Investimenti (FEI). I fondi sono espressione della politica di coesione economica e sociale dell’UE. Infatti, la dottrina definisce la politica comunitaria di coesione economica e sociale come un sistema di Multi-level Governance dell’amministrazione per lo sviluppo sul territorio europeo, ovvero come un insieme di strategie d’intervento, poste in essere da diversi attori, le cui competenze ed il loro concreto esercizio si integrano per il raggiungimento di obiettivi di comune interesse2.
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1) La dottrina guridico-economica individua l’espressione più completa dell’attività programmatoria nella nozione di piano economico. Cfr. DE CAMELIS, La programmazione dello Stato e delle regioni, in Diritto pubblico dell’economia, Saggi, a cura di Jaricci, pp. 70 e ss.
2) Per quanto concerne la nozione di Multi-level Governance cfr. DALMONTE, L’approccio italiano al negoziato. Attori e logiche di mutamento istituzionale, in Le istituzioni del federalismo, 2/2002, pp. 393 e ss.; HOOGHE, G. MARKS, Multi-level Governance and European Integration, New York-Oxford, 2001. Inoltre, il termine Governance ottiene ingresso ufficiale nel linguaggio delle Istituzioni Europee con la pubblicazione del documento della Commissione dal Titolo: La Governance europea.