Dei cinquantaquattro Stati appartenenti al continente africano, 471 costituiscono l’Africa sub-sahariana; regione caratterizzata da una forte disuguaglianza non solo geografica, ma anche economica e sociale. È costituita da 1.1 miliardi di abitanti, con una popolazione principalmente giovane ed elevati tassi di fertilità: a tal proposito, uno studio dell’Onu afferma che nel 2050 “l’Africa sub-sahariana rappresenterà circa il 57% della crescita demografica globale ed il 23% circa della popolazione mondiale sarà subsahariana”2. Tuttavia, l’elevata crescita demografica non influisce sull’aumento del numero di lavoratori attivi, limitando di fatto la crescita e lo sviluppo del quadro socioeconomico africano3.
Tra i paesi dell’Africa sub-sahariana, spicca l’Etiopia (Repubblica federale democratica di Etiopia) che, situata nel Corno d’Africa, risulta essere il paese più popoloso del continente, con più di 117 milioni di abitanti4, caratterizzati da un’elevatissima frammentazione etnica che si riflette nell’instabilità politica ed economica del paese. In particolare, nella regione del Tigray i conflitti persistono tutt’oggi sin dal 2018, anno in cui il Fronte popolare di liberazione del Tigray (TPLF), partito-cardine dell’area, rifiutò la proposta di un partito unico nazionale promossa dal Primo ministro Abiy Ahmed5. Abiy Ahmed – premio Nobel per aver garantito la tregua con l’Eritrea – salì al potere nel 2018 dopo la rassegna da parte di Hailemariam Desalegn, dimesso a seguito delle rivolte atte a richiedere maggiori diritti, soprattutto politici.
Nel 2019, a seguito della crisi pandemica dovuta al Covid-19, il Primo ministro pospose le elezioni nazionali, garantendosi di fatto un prosieguo di mandato. A quel punto il TPLF si adoperò per indire elezioni che nulla avevano a che fare con il processo elettorale conforme alla legge etiope. L’iniziativa suscitò una dura risposta del governo, il quale, oltre a dichiarare illegali le elezioni, isolò la regione interrompendo ogni finanziamento predisposto per il Tigray. Ovviamente, la conseguenza fu lo scoppio del conflitto il 4 novembre 20206, quando le truppe Ahmara ed eritree si unirono all’esercito nazionale per attaccare la regione tigrina; dopo un primo successo del governo, la risposta delle forze del Tigray determinò la riconquista di alcuni dei territori etiopi, tra cui Macallé, Dessie e Kombolchoa7.
Il conflitto continua tutt’oggi, nonostante i numerosi appelli dell’Unione africana per garantire quantomeno la tutela dei diritti umani. Infatti, ancora una volta, le principali vittime del conflitto sono i civili sottoposti a vessazioni di ogni genere e distruzione dei territori: donne e bambine sono vittime di stupri, migliaia di persone sono sfollate e quasi 64.000 tigrini sono fuggiti, dirigendosi verso la zona a confine col Sudan orientale8. I militari continuano a bloccare le vie d’accesso alle zone di conflitto, rendendo impossibile la distribuzione di beni alimentari e di sussistenza, la cui conseguenza è l’elevata percentuale di persone che muoiono di fame.
Abiy Ahmed ha proclamato lo Stato di emergenza il 2 novembre 2021, dopo che l’esercito del Fronte di liberazione, forte del sostegno garantito dall’esercito di liberazione dell’Oromo (OLA), ha raggiunto Addis Abeba (capitale dell’Etiopia). A seguito di tale allarme, i civili sono invitati a prendere parte al conflitto a sostegno delle forze governative, anche dedicandosi ad attività di vigilanza e sono state previste sanzioni quali detenzione dai tre ai dieci anni per crimini attribuibili a forme di sostegno ai ribelli9.
Il conflitto in Tigray influisce significativamente (e negativamente) sullo sviluppo economico e sanitario dell’Etiopia, un paese in cui la popolazione sopravvive da sempre grazie ad attività di sussistenza, priva di accesso all’acqua potabile, alle risorse alimentari ed ai servizi igienico-sanitari. Uno degli elementi che ha sempre contraddistinto l’Etiopia è l’elevato livello di disuguaglianze non solo economiche ma anche geografiche; basti pensare che nel 2015 nel distretto urbano di Wolisso sono stati assistiti i parti dell’88% delle donne incinte, mentre nella zona rurale dello stesso distretto, è stata prestata assistenza solo al 28% delle donne in stato di gravidanza. Lo stesso accade anche in caso di emergenza ostetrica, infatti, è pari al 94% la percentuale di donne residenti in città che hanno usufruito di assistenza urgente, a fronte del 22%10 nelle aree rurali.
L’autrice Laura Perna garantisce l’autenticità del contributo, fatte salve le citazioni di scritti redatti da terzi. Le stesse sono riportate nei limiti di quanto consentito dalla legge sul diritto d’autore e vengono elencate di seguito. Pertanto, l’Autrice è l’unica responsabile dell’eventuale violazione commessa con l’opera in merito ai diritti di terzi.
1) Ingrao, Bruna. L’economia dell’Africa subsahariana. Treccani, XXI secolo, 2009;
2) Bello-Schunemann, Julia. Orizzonte 2050: le prospettive di sviluppo dell’Africa. ISPI, 2020;
3) Ibidem;
4) Cabello, Christian. La necessità di raggiungere la pace in Etiopia. Interris, 2021;
5) Etiopia: il conflitto in Tigray e la situazione oggi. Save the Children,2021;
6) Ibidem;
7) Bellocchio, Daniele. Guerra Etiopia: scoppiato nel Tigray, il conflitto oggi è fuori controllo. Osservatorio diritti, 2021;
8) Daily focus. Etiopia: Tigray, la guerra che il mondo non vuole vedere. ISPI, 2021;
9) Elefante, Eleana. Tigray: a 12 mesi dal conflitto è stato di emergenza e crisi umanitaria.Melting Pot Europa, 2021;
10) Workshop in Ethiopia equity as a matter of geography. Doctors with Africa.