La questione russo-ucraina interpretata alla luce dei precetti del diritto internazionale

Intervista al professor Giuseppe Cataldi, docente di Diritto Internazionale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”

L’ostilità tra la Russia e l’Ucraina si inserisce nella più ampia guerra a bassa intensità che va avanti dal 2014. In modo particolare, la guerra nel Donbass costituisce una sorta di precedente di un obiettivo non ancora concluso del presidente russo Vladimir Putin: controllare una parte più ampia dell’Ucraina, tramite la forza militare, la coercizione economica oppure l’intimorimento1.

Nel 2014, l’invasione e l’annessione della Crimea sono state il risultato di una contesa che andava avanti sin dall’indipendenza dell’Ucraina, in seguito alla dissoluzione dell’Unione Sovietica. La causa scatenante dell’invasione russa è stata la rivoluzione di Euromaidan, durante la quale migliaia di persone hanno manifestato dapprima contro una decisione del governo Yanukovich (volta a rigettare un accordo di tipo commerciale con l’Unione Europea) e, in un secondo momento, contro il regime filo-russo del Paese, osteggiato dall’opinione pubblica.2 Dopo mesi di tensioni, nell’inverno dello stesso anno, l’amministrazione succitata ha deciso di rispondere con la violenza (etichettata da Putin come “un colpo di Stato incostituzionale e una presa del potere militare”), portando scontri feroci tra le forze di sicurezza e i manifestanti. Tali vicissitudini hanno condotto, il successivo 22 febbraio, alla condanna del presidente Yanukovich da parte del Tribunale ucraino per alto tradimento e, contestualmente, alla nomina del Capo del Governo filo-europeo Arseniy Yatsenyuk. Approfittando dell’instabilità politica locale, la Russia ha spedito centinaia di membri delle forze speciali (noti come “piccoli uomini verdi”), al fine di acquisire il controllo dell’intera Crimea e, successivamente, far cadere il governo locale.3 Il 16 marzo 2014 si è tenuto il contestato referendum che ha sancito l’annessione definitiva della Crimea alla Federazione Russa, senza incassare il riconoscimento dalla comunità internazionale. Tale consultazione popolare è stata considerata illegittima anche dalle Nazioni Unite, in quanto svoltasi con modalità interamente gestite dalla Russia e in circostanze tali da non permettere il libero esercizio del voto.4 Dunque si può osservare come l’attuale scontro in Ucraina, dunque, si inserisca in un continuum che ha origine dalle vicende del 2014.  

Inoltre, è altrettanto rilevante analizzare i recenti accadimenti secondo quell’insieme di regole che disciplina la Comunità Internazionale. Del resto, il diritto internazionale è sorto nel 1648 con la Pace di Vestfalia, la quale ha sancito la nascita dello Stato moderno. L’anzidetta disciplina modella e rende confacente la condotta degli Stati, in quanto soggetti di diritto internazionale, al fine di garantire la pacifica convivenza fra essi. Giuseppe Cataldi, decente universitario di diritto internazionale presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, nel tracciare i profili internazionalistici ed europei della suddetta invasione, ha evidenziato le numerose minacce avanzate dalla Federazione Russa nei confronti dell’Ucraina, nella misura in cui era sotteso l’intento di “denazificare” l’Ucraina e rendere liberi i cittadini, soprattutto quelli del Donbass, dalla loro “madrepatria”. Contraria ai dettami del diritto internazionale sotto diversi aspetti, egli sostiene che sussista un crimine di aggressione alla luce degli ultimi sviluppi. A ciò si aggiunge la chiara violazione del “divieto dell’uso della forza nelle relazioni internazionali”, disposta all’interno della Carta delle Nazioni Unite all’articolo 4, par.2 e desumibile dal diritto consuetudinario stesso. L’accademico ritiene che la minaccia dell’uso del nucleare rappresenti un’altra violazione grave nel diritto internazionale e nell’ambito delle convenzioni sul disarmo nucleare. Questo è un aspetto da non sottovalutare all’interno dell’analisi, dal momento che la guerra si basa molto sulla c.d. “sorpresa strategica” dell’altro. L’Ucraina, in difficoltà oggettiva, ritiene che l’interlocutore privilegiato debbano essere le Nazioni Unite presso l’UE e gli Stati, tra cui si annovera, in modo particolare, la Polonia, che si adopera solidalmente nei confronti dei civili ucraini. L’Ucraina, nella lettura dettata dai principi del diritto internazionale, ha il diritto all’autodifesa sulla base dell’articolo 51 della Carta ONU. Tale precetto, tra l’altro, può essere esteso anche a quei Paesi che si sentono colpiti indirettamente e che, quindi, hanno il diritto di autodifendersi. Tuttavia, numerosi studiosi credono che la cessione di armi agli ucraini possa destare preoccupazioni, nel lungo periodo, poiché esse potrebbero finire nelle mani di soggetti pericolosi per la sicurezza nazionale e internazionale.

La paralisi delle Nazioni Unite

La questione è stata altresì trattata nell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Dal momento che il Consiglio di Sicurezza risulta inibito, in quanto la Russia siede a titolo permanente e ha la facoltà di esercitare il suo diritto di veto sulle risoluzioni indirizzate contro sé stessa, la questione si è spostata nell’ambito dell’Assemblea generale (evento di per sé eccezionale). Per questo motivo, tutti i componenti sono stati convocati eccezionalmente a New York per discutere del problema nel modo più equo possibile. Ivi, effettivamente si è visto come la risoluzione, votata da tutti gli Stati, abbia confermato il fatto che la larga maggioranza si sia espressa contro la legittimità degli atti compiuti dalla Federazione Russa nei confronti dell’Ucraina, sebbene la presenza di alcuni Paesi contrari, come la Siria e la Corea del Nord, o di quelli astenuti, tra i quali, la Cina. In merito a quest’ultima, il docente Cataldi interviene in merito ai rapporti che si potrebbero instaurare, di tipo soprattutto commerciale, tra Cina e Russia sul tema relativo agli approvvigionamenti energetici come il gas. In generale, l’attore cinese tende a non intromettersi negli affari interni dei singoli Paesi, al fine di preservare i propri interessi economico-commerciali, ma dall’altro lato, la Cina potrebbe trarre vantaggio per poter, acquistare la materia (ovvero il petrolio) a un costo minore rispetto a quello di partenza, incrementando le risorse economiche a disposizione della Russia e, conseguentemente, effetti negativi nei confronti dell’Ucraina.

In merito alle ripercussioni personali del Presidente russo, l’esperto di diritto internazionale sottolinea l’effettiva possibilità per quest’ultimo di essere richiamato dinnanzi alla Corte Penale Internazionale, la quale è adibita a giudicare i crimini internazionali generati dagli individui. A tal proposito, infatti, sono trentanove gli Stati, tra cui l’Italia, che hanno sottoscritto la procedura di attivazione della Corte5. Si ricordi, a riguardo, la sottoposizione a giudizio della Corte Penale Internazionale ai danni dell’ex presidente Milosevic, in seguito ai fatti avvenuti nel 1999. Il diritto internazionale stabilisce altresì la possibilità di inquisire, in prima persona, lo Stato russo: nel corso della storia, sono esistiti, ed esistono tutt’oggi, diversi Tribunali (a partire dal primo – ovvero a Norimberga – fino a quello dei crimini contro l’ex-Jugoslavia o del Ruanda) adibiti a tale funzione. La Corte dell’Aja, meglio nota come Corte Internazionale di Giustizia, ha la possibilità di giudicare uno Stato per i crimini commessi durante una specifica situazione, individuando così anche le varie sanzioni a cui dovrà sottostare. Tuttavia, il Tribunale è di tipo arbitrale, subordinando il giudizio all’accettazione di un giudice per dirimere la specifica controversia. Poiché la Russia difficilmente si sottoporrà ad un giudizio, si ipotizza che resterà indenne da eventuali condanne nei propri confronti. Ciononostante, in termini di ripercussioni negative, le sanzioni economiche restano elementi chiave nei confronti della Federazione Russa. In merito, il docente Cataldi denota la possibile efficacia alla luce di una effettiva debolezza nel loro complesso. Qualora tali sanzioni colpiranno l’economia russa, anche gli oligarchi vedrebbero effetti patrimoniali di esponenziale rilevanza, costringendo il governo russo a rivedere i piani militari di azione.

Sul versante del Mar Nero, alla luce dello sbocco russo ottenuto all’indomani del referendum di cui sopra, l’esperto di diritto del mare evidenzia che la Crimea avrebbe rappresentato l’ultima ambizione geopolitica dell’amministrazione guidata da Putin, creando non poche perplessità alla luce dei recenti risvolti. Tale azione istituzionale annovera il leader russo nella lista degli aggressori politici internazionali per via delle ripetute violazioni perpetrate: dalla minaccia nucleare a quelle di diritto internazionale umanitario che minano costantemente la stabilità internazionale. Pertanto appare, quale dovere della Comunità Internazionale, delle Nazioni Unite e delle diverse organizzazione regionali, tra i quali OSCE (dalla quale la Russia è stata espulsa forzatamente), elaborare una strategia comune per porre fine alle ostilità e riportare la pace e la sicurezza in termini internazionali.

Gli autori Rita Granata e Marco De Sivo garantiscono l’autenticità del contributo, fatti salvi i riferimenti agli scritti redatti da terzi. Gli stessi sono riportati nei limiti di quanto consentito dalla legge sul diritto d’autore e vengono elencati di seguito. Ai sensi della normativa ISO 3297:2017, la pubblicazione si identifica con l’International Standard Serial Number 2785-2695 assegnato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche.

1) “L’ultima volta che la Russia invase l’Ucraina”. Ilpost.it, 17 febbraio 2022.

2) Ibidem.

3) Ibidem.

4) Ibidem.

5) “Ucraina: Radicali, appello per processare Putin all’Aja”. Ansa.it, Roma, 4 marzo 2022.