La politicizzazione del settore energetico è sempre stata e rimarrà uno strumento di politica internazionale strumentale a frenare i progetti di sviluppo di alcuni paesi, offrendo vantaggi competitivi ad altri. Ciò comporta l’aumento delle tensioni geopolitiche dato che questo settore impatta direttamente sulla sicurezza nazionale e ostacola lo sviluppo economico a causa di una restrizione artificiale dell’accesso all’energia accessibile e conveniente.
Gli idrocarburi continuano a dominare il mix di energetico globale, dove negli anni Settanta, petrolio carbone e gas rappresentavano il 94% dell’energia primaria, nel 2018 questa cifra era all’85%.1 Tuttavia, per la prima volta nella storia, il settore industriale è sotto pressione come non mai al fine di provvedere come modello di business capace di guidare la transizione energetica in linea con gli accordi di Parigi. La “transizione energetica” può essere definita come un modello di un passaggio graduale da un sistema perlopiù basato su risorse fossili verso uno più sostenibile composto da un mix energetico più equilibrato. Attualmente il gas naturale (LNG) gioca un ruolo fondamentale nel guidare la transizione verso un’economia a basso consumo di idrocarburi. La maggior parte degli scenari energetici prevedono un mercato del gas in espansione per almeno 15-20 anni sostituendo il carbone nella produzione di energia.
Sono due i fattori a spiegare questo trend. Il primo è la competitività delle risorse di gas, il secondo sono i suoi vantaggi ambientali rispetto ad altre fonti fossili in termini di emissioni.2
Attualmente l’Unione Europea è attiva nel progetto Nord Stream, uno dei più importanti gasdotti esistenti al mondo, che permette di trasportare il gas dalla Russia all’Europa e sebbene la progettazione del gasdotto sia stata completata nel 2012, l’idea di costruire una nuova rotta per trasportare il gas in Europa deriva da sforzi risalenti alla seconda metà del secolo scorso. Tante sono state le incertezze che hanno attanagliato le istituzioni europee che vedeva aumentare la propria dipendenza del gas dalla Russia, un paese talvolta lontano dagli ideali e valori occidentali, e, dall’altro, che si accompagnava allo scetticismo di molta opinione pubblica come manifestato dalle tante petizioni rivolte dai cittadini al Parlamento e alla Commissione Europea riguardanti le conseguenze negative che il gasdotto avrebbe potuto arrecare all’ambiente.
E’ inevitabile osservare come, nonostante le necessità dell’occidente di rifornirsi di gas naturale liquefatto, gli ultimi anni, abbiano visto la politica influenzare gli affari piuttosto che il contrario. La crisi Ucraina del 2014 ha dimostrato come entrambe le parti erano pronte a sacrificare evidenti interessi economici a obbiettivi politici. Le sanzioni hanno sostituito la diplomazia e questa tendenza si è rafforzata negli anni con l’Ue che ha imposto sanzioni alla Russia in relazione alla violazione dei diritti umani.
Tuttavia una delle conseguenze della crisi di Crimea è stata la necessità russa di cercare nuovi partner strategici, della quale il principale è diventato proprio la Cina che nel corso degli anni ha scavalcato l’Europa come partner commerciale. Cina che rappresenta anche una sempre più concreta alternativa agli stati europei affinché il Cremlino diversifichi le proprie rotte energetiche.
Attualmente la Cina rappresenta il più rapido mercato in espansione al mondo per il gas naturale. Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE), tra il 2014 e il 2024 Pechino rappresenterà il 40% della crescita globale del mercato di gas naturale. Una questione estremamente interessante è analizzare da dove proviene la fornitura di gas e come e perché la Russia può diventare uno dei maggiori fornitori in futuro. Attualmente la domanda cinese è coperta per circa il 55% dall’offerta interna. Un ulteriore 27% proviene da gas convogliato, per lo più dal Turkmenistan attraverso il gas-dotto Asia Centrale- Cina e Myanmar. Sicuramente la quota di fabbisogno esterno è destinata ad aumentare. In primis la Russia ha abbondanti riserve di gas nella Siberia occidentale e orientale e soprattutto il gas naturale russo ha un costo competitivo, comprese le spese aggiuntive in conto capitale.3
Nell’approfondire la loro relazione, i due paesi hanno dato vita al gasdotto Power of Siberia, che è diventato realtà il 2 dicembre 2019. Il gasdotto è diventato la principale infrastruttura nel trasporto globale di gas naturale, in tutto l’oriente russo. Esso si estende per 3000 km, dagli enormi giacimenti siberiani di Kovyktinskoye e Chayandinskoye sino a Blagoveschensk, la città russa sul fiume Amur che segna il confine tra i due paesi. I due leader hanno sottolineato come la cooperazione energetica bilaterale sia giunta ad un “nuovo livello”. Tale progetto è stato uno dei primi perni della partnership strategica tra i due paesi, e rappresenta una vera e propria sfida alla leadership occidentale, sia in ambito commerciale che politico. La firma definitiva del contratto, di 400 mld di dollari, era stata annunciata a Shangai nel maggio del 2014, agli inizi della crisi Ucraina. Il contratto legherà i due paesi per i prossimi 30 anni, sulla base di una fornitura di 38 mld di bcm. 4
L’interesse globale verso i giacimenti di gas naturale ha portato le potenze a guardare con interesse alle abbondanti risorse e giacimenti presenti nell’artico. Per entrambi i paesi lo sviluppo delle risorse presenti nel sottosuolo di alcune aree geografiche, una su tutte l’Artico Russo, coincidono con gli interessi strategici dei due paesi nell’influenzare una delle regioni del pianeta più promettenti in termini di risorse e gas naturale. Da una parte Pechino avanza pretese territoriali, affermando di avere diritto di esplorazione, ricerca e sfruttamento delle risorse naturali e, allo stesso tempo, Mosca causa delle tensioni con gli Stati Uniti e l’Europa è andata alla ricerca di nuovi partner con cui poter sviluppare la prossima generazione di giacimenti di gas naturale nell’artico. Il secondo Energy Business Forum è diventato l’occasione per la firma dell’accordo all’ingresso della China National Petrolum Corporation (CNPC) e della Silk Road Fund nei progetti Yamal Lng e Arctic Lng-2, investendo rispettivamente il 20 e 9.9 % del capitale. Il giacimento dovrebbe entrare in funzione nel prossimo decennio e per comprendere quanto sia strategico basta pensare che le sue riserve ammontano a oltre sette volte l’ammontare di gas trasportato in Europa da Gazprom nel 2018, fornendo delle basi su quello che sarà il ruolo della federazione Russa nel commercio e nella fornitura di gas. 5
In ordine cronologico un momento che più di tutti ha cementificato questa relazione, e che ha avuto un inevitabile significato politico rivolto all’Europa e agli stati occidentali in generale, sono stati i recenti giochi olimpici invernali. Putin e Xi Jinping hanno sottolineato come i rapporti bilaterali siano eccellenti e si apprestino, secondo una dichiarazione congiunta, ad andare verso una “nuova era” e dove si oppongono fermamente a “una nuova espansione della Nato in Europa”. L’aspetto che però deve destare maggiore preoccupazione agli stati europei, in tema di fabbisogno energetico è la futura estensione del precedente gasdotto Power of siberia nel nuovo progetto Power of Siberia 2. Il nuovo progetto, che si stima avrà una portata di 50 mld di metri cubi di gas trasportato, rappresenta uno scenario da incubo per il Vecchio Continente. A differenza del progetto precedente quest’ultimo attingerà risorse direttamente dal mercato europeo il quale negli ultimi mesi sta fronteggiando una crisi senza precedenti a causa dell’aumento dei prezzi dovuti alla riduzione delle forniture di gas russo. 6
Secondo l’Agenzai Internazionale dell’Energia (IEA) i nuovi accordi di fornitura di gas rispondono a una logica ben chiara: il governo di Mosca starebbe usando la leva delle forniture di gas come strumento di pressione politica nei confronti dell’Unione Europea con riferimento alla situazione ucraina.
Se da un lato Russia e Cina approfondiscono sempre di più la loro relazione, con la recente crisi Ucraina, l’Europa si è dimostrata del tutto impreparata a fronteggiare le conseguenze. L’invasione e le logiche imperialistiche di Vladimir Putin hanno posto in essere molti dubbi sulla struttura di sicurezza europea, non più prevedibile, stabile e sicura. Ritrovarsi sotto pressione per quanto riguarda le forniture energetiche e alimentari ha avuto come conseguenza quella di rimettere in discussione la propria zona di comfort e di rappresentare, al tempo stesso, una nuova sfida. Attualmente i leader europei si stanno affrettando a ridurre la dipendenza dell’Europa dall’energia russa. Nonostante per anni la Commissione Europea abbia richiesto ai propri stati di diversificare la loro dipendenza dal gas russo, la costruzione del gasdotto Nord Stream 1, che ha dato alla Russia la possibilità di inviare gas alla Germania direttamente attraverso il Mar Baltico, è andata contro la politica di diversificazione dell’UE. Nord Stream 2 – ora bloccato dal cancelliere tedesco Olaf Scholz – avrebbe ulteriormente aumentato tale dipendenza.7
Nel contesto delle relazioni sino-russe l’importanza strategica dell’energia è cresciuta notevolmente negli ultimi anni, contribuendo a creare un circolo virtuoso di maggiore cooperazione in risposta alle esigenze interne e sfide esterne. Tuttavia anche in questo caso il nesso energetico riflette l’asimmetria generale tra i due paesi. Se Pechino diversifica le sue fonti di approvvigionamento tra i due paesi e i mercati di riferimento, la Russia lotta contro le sanzioni occidentali e cercando di diversificare le sue relazioni energetiche con altre economie asiatiche che, a causa delle difficoltà incontrate, di fatto sta portando il paese verso una sempre maggiore dipendenza dalla Cina. Nonostante i due paesi abbiano superato la tradizionale riluttanza a favore di un’interazione energetica attiva, le preoccupazioni di Mosca dinnanzi alla crescita della potenza cinese potrebbero portare al riemergere di un cinismo strategico soprattutto se le condizioni concederanno alla Russia una maggiore libertà di movimento.
Nonostante il pragmatismo delle relazioni sino-russe, il partenariato ha ampi margini di miglioramento. Diverso, invece, appare il contesto delle relazioni tra i membri dell’Unione Europea e la Russia. Nel mese di marzo il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov ha dichiarato come non ci saranno più relazioni con l’UE, intesa come organizzazione unitaria, lasciando presuppore come la cooperazione nei prossimi anni si baserà principalmente su rapporti bilaterali con i paesi europei. Per l’Unione Europea la sfida che ci si è posta negli ultimi anni è stata quella di decarbonizzare i mercati del gas, promuovendo l’idrogeno e riducendo le immissioni di metano. La strategia EU Global Gateway, annunciata nel dicembre 2021 rappresenta uno dei maggiori punti di svolta da parte dell’Unione Europea nel diversificare le proprie forniture energetiche. Tale strategia ha visto un investimento di 300 miliardi di euro che sosteranno anche la “transizione verde”, per raggiungere gli Obbiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) e gli impegni degli accordi di Parigi. 8 Inoltre i membri dell’UE avranno bisogno di una nuova crescente capacità di fonti rinnovabili per far fronte all’incremento di domanda di fonti energetiche, dato che una maggiore domanda di elettricità sarà richiesta per realizzare la Strategia UE per l’idrogeno e assicurare la decarbonizzazione dell’economia europea entro il 2050. 9
L’attuale crisi energetica ha dimostrato come l’Unione Europea, ancora dipendente dai pochi fornitori di energia non sia più sostenibile e che sia invece necessaria una risposta coordinata, fatta da nuovi investimenti e nuove interconnessioni per trasformare in meglio il panorama energetico del Vecchio Continente e l’economia europea nel suo complesso.
Se Russia e Cina, nonostante non siano alleati, abbiano intensificato le loro relazioni commerciali ed energetiche, la grande sfida per l’Europa dovrà essere quella di accelerare i tempi della diversificazione per emanciparsi quanto prima. Il tutto deve avvenire con una certa gradualità, al contrario di quanto avvenuto con il blocco del gasdotto Nord Stream 2, al fine di evitare che il partenariato tra Mosca e Pechino si trasformi in una minaccia per l’Europa, così come per l’intera alleanza transatlantica.
L’autore Matteo Mauro garantisce l’autenticità del contributo, fatti salvi i riferimenti agli scritti redatti da terzi. Gli stessi sono riportati nei limiti di quanto consentito dalla legge sul diritto d’autore e vengono elencati di seguito. Ai sensi della normativa ISO 3297:2017, la pubblicazione si identifica con l’International Standard Serial Number 2785-2695 assegnato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche.
1) Konstantin Simonov, Alexei Grivach, Political Risks in Global Energy: From “Resource Nationalism” to “Molecules of Freedom” and Climate Weapons, Valdai Discussion Club Report, 2020, pp. 3-6
2) Cao Stefano, Leading the Way Towards a Successful Energy Transition: The Role of LNG, ISPI.com, 2020.
3) Razmolalin Ilya, Sushinn Ilya, The Road to China: An Opportunity for Russian Gas, ISPI.com, 2020.
4) Sassi Francesco, “Power of Siberia”, il gasdotto russo che rifornirà la Cina, ISPI.com, 2019.
5) Trenin Dmitri, Russia and China in the Arctic: Cooperation, Competition, and Consequences, RIAC.com, 2020.
6) Fasulo Filippo, Tafuro Eleonora, Giochi (olimpici) di potere, ISPI.com, 2021
7) Dempsey Judy, The War in Ukraine Challenges Europe’s Comfort Zone, Carneigeeurope.com, 2021
8) The Global Gatwey, dicembre 2021.
9) Risoluzione del Parlamento europeo del 19 maggio 2021 su una strategia europea per l’idrogeno (2020/2242(INI)
10) Gili Alessandro, La crisi europea: cosa ci aspetta?, ISPI.com, 2021