Francia e Germania: un approccio diverso all’energia nucleare

Francia e Germania, due colonne portanti della comunità europea, ci si aspetta che abbiano una politica energetica piuttosto simile, ma non è così. Si tratta di due paesi democratici, entrambi altamente industrializzati, con una domanda elevata di energia e che, sin dal secondo dopoguerra, hanno iniziato a cooperare nel settore energetico1. Una cooperazione che ha portato, nel 1952, alla nascita della CECA, la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, mossa dall’obiettivo principale di assicurare la libera circolazione del carbone e dell’acciaio e di garantire il libero accesso alle fonti di produzione. Questa cooperazione permise di porre fine a quel lungo conflitto che aveva come oggetto i due giacimenti di carbone posti al confine tra Francia e Germania, Ruhr e Saar, e consentì di soddisfare il fabbisogno francese di carbone. Nonostante queste similitudini e questo forte legame tra Francia e Germania nell’approvvigionamento di carbone e acciaio, in realtà si tratta di due paesi che hanno un approccio completamente diverso nei confronti dell’energia nucleare. Le cause di queste divergenze tra Francia e Germania in riferimento all’energia nucleare vanno cercate nel passato, in particolare nelle tradizioni energetiche dei singoli paesi.

In Francia, il nucleare ha una tradizione molto lunga. Il coinvolgimento francese nel settore dell’energia nucleare iniziò già dopo il secondo conflitto mondiale per due motivazioni: in primis, per l’economia in generale, infatti dopo la Seconda guerra mondiale la Francia beneficiò di una modernizzazione e di un’espansione delle proprie strutture industriali; ma anche per le possibili applicazioni militari della tecnologia nucleare2. La Francia aprì la sua prima centrale nucleare nel 1962, senza mai più smettere, ma anzi investendo ancora di più nel settore dell’energia nucleare proprio durante la crisi petrolifera del 1973, riducendo al minimo le importazioni. A differenza dell’Italia, ad esempio, che aprì la sua prima centrale nucleare un anno dopo la Francia, nel 1963, ma smise dopo poco tempo in seguito al referendum del 1987 indetto anche a causa del disastro di Chernobyl del 19863.

La Germania, invece, differisce completamente dalla vicina Francia. Negli anni post Seconda guerra mondiale troviamo una Germania divisa dal muro di Berlino tra BRD e DDR, nel pieno della Guerra Fredda, dove nessuno degli alleati, né USA né URSS, desiderava un riarmo della Germania, tantomeno il suo coinvolgimento nel settore dell’energia nucleare. Ma anche la stessa Germania non aveva mai preso seriamente in considerazione lo sviluppo di armi nucleari4.

Le differenze nello sviluppo dell’energia nucleare nei due paesi non possono essere spiegate sulla base delle valutazioni dell’opinione pubblica, e quindi, facendo riferimento alle opinioni della popolazione circa lo sviluppo e la nascita di nuove centrali nucleari, perché sia in Francia che in Germania, negli anni ’70, nacquero movimenti anti-nucleare5. I movimenti anti-nucleare, francesi e tedeschi, erano piuttosto simili: nacquero negli stessi anni, condividevano il medesimo obiettivo di rallentare o prevenire la costruzione di centrali nucleari; ma non raggiunsero gli stessi risultati, questo perché i movimenti si interfacciarono con strutture e ideologie politiche del tutto differenti. Il movimento francese anti-nucleare ebbe scarso successo, la Francia cercò sin da subito di reprimere tale movimento e le sue proteste. I partiti politici francesi avevano da sempre un forte legame con l’industria nucleare, come il partito di De Gaulle, che favoriva la produzione di energia nucleare, sostenendo che l’energia nucleare avrebbe rafforzato l’indipendenza energetica della Francia e la capacità militare6. Da quel momento il nucleare divenne motivo di orgoglio nazionale, venne legato, infatti, al nazionalismo e alla forza dello Stato francese. Il movimento francese anti-nucleare non ebbe vita facile, il governo francese non solo reprimeva con forza le proteste del movimento, ma non coinvolgeva le parti interessate, talvolta impedendo loro l’accesso all’informazione sulle politiche energetiche e limitando l’azione dei diversi gruppi locali. I pochi e deboli partiti ambientalisti che nacquero in Francia ebbero un ruolo marginale. Infatti, l’assenza di una voce legislativa contraria al nucleare ha consentito al governo francese di portare avanti il suo obiettivo di rafforzare l’industria nucleare. Chiaramente l’opinione pubblica si è sempre allarmata in seguito ai grandi disastri, come nel 1986 con il disastro di Chernobyl, ma anche nel 2011 con il disastro nucleare di Fukushima. Infatti, proprio durante le elezioni presidenziali francesi del 2012, esattamente un anno dopo il disastro di Fukushima, il nucleare fu un tema caldo e fortemente dibattuto tra i due candidati: da un lato, Sarkozy che non aveva alcuna intenzione di chiudere le centrali nucleari; dall’altro, Hollande, che vinse le elezioni, il quale invece voleva ridurre la dipendenza dall’energia nucleare7. Nonostante la forte visione negativa nei confronti del nucleare, che da sempre attanaglia l’opinione pubblica francese, un’eliminazione netta del nucleare e la dismissione di tutte le centrali nucleari francesi era impensabile, nonché lunga e costosa. Lo stesso Macron, se inizialmente sembrava perseguire l’ideologia di Hollande, ovvero di diminuire la dipendenza della Francia dall’energia nucleare, la sua idea cambia repentinamente in vista della crisi energetica europea ancora in corso e che ha portato ad un aumento dei prezzi del gas.

Spostandoci ora in Germania, invece, il movimento tedesco anti-nucleare ebbe un ruolo di fondamentale importanza. La polizia tedesca cercò comunque di reprimere le proteste e i movimenti anti-nucleare, ma la repressione non fu così estrema. Il movimento anti-nucleare cercò poi di utilizzare tattiche diverse, ad esempio dando vita a udienze pubbliche con il pieno coinvolgimento del popolo e di esperti in materia, iniziarono poi ad utilizzare canali politici convenzionali, che portò alla nascita negli anni ’80 del partito tedesco de I Verdi, entrando per la prima volta al governo in una coalizione con il Partito Socialdemocratico tedesco (SPD) nel 19988. Proprio per questo motivo, avendo ormai acquisito una voce legislativa attraverso il partito dei Verdi, il movimento antinucleare è stato in grado di spingere per un completo abbandono della produzione di energia nucleare9. Come il governo Macron, anche il governo Merkel, se in un primo momento aveva pensato di prolungare l’uso dell’energia nucleare in Germania, in seguito al disastro di Fukushima nel 2011, decise di dare piena attuazione al progetto Energiewende, varato dal governo nel 2010, si tratta di una completa trasformazione del sistema energetico tedesco, e si riferisce alla decisione del governo Merkel di abbandonare le fonti di energia nucleare e fossile in favore delle rinnovabili10.

Ad oggi le divergenze persistono. La Francia è ormai l’unica potenza nucleare in Europa, proprio grazie al nucleare sta affrontando con successo la grave crisi energetica, che invece sta colpendo gli altri paesi europei, Germani e Italia in testa. Macron, nell’ottobre 2021, ha definito un ambizioso piano di investimenti, France 2030, dotato di 30 miliardi di euro, un miliardo dei quali è destinato alla costruzione di nuove centrali nucleari di piccola taglia entro il 203011. La Francia si pone l’obiettivo di reinventare il nucleare e di spingere anche l’Unione Europea in questa direzione per allontanare lo spettro dell’instabilità, di ridurre la vulnerabilità e la dipendenza energetica europea da attori esterni all’Unione, con particolare riferimento alla Russia. La Germania, invece, si basa piuttosto sul combustibile fossile: petrolio e gas. Grazie alla sua posizione geografica strategica, la Germania è diventata, per così dire, “il rubinetto d’Europa” in riferimento alla distribuzione del gas con la costruzione del gasdotto Nord Stream, che dalla Russia trasporta gas fino a Greifswald, in Germania, distribuito poi in tutta la rete energetica europea. Queste forti divergenze tra la Francia, che incoraggia sempre più all’uso di energia nucleare, e la Germania, che invece utilizza perlopiù gas e, nell’ultimo periodo, energie rinnovabili, trovano un punto d’incontro nella nuova Tassonomia UE. La Commissione Europea, infatti, il 2 febbraio 2022, ha classificato gas e nucleare come investimenti sostenibili per la transizione energetica12, includendoli entrambi tra le fonti energetiche sostenibili all’interno della Tassonomia UE. Ciò è avvenuto alla luce delle diverse questioni strategiche che caratterizzano gli stati membri europei, un chiaro esempio sono: da un lato, la Francia fervente sostenitrice e produttrice di energia nucleare, e dall’altro, Germania e Italia che puntano sul gas naturale. Un chiaro esempio di come la comunità europea cerca di tenere conto delle diversità, anche nella politica energetica, dei singoli stati membri e di diversificare le fonti energetiche alla luce della crisi odierna.

L’autrice Anna Carotenuto garantisce l’autenticità del contributo, fatti salvi i riferimenti agli scritti redatti da terzi. Gli stessi sono riportati nei limiti di quanto consentito dalla legge sul diritto d’autore e vengono elencati di seguito. Ai sensi della normativa ISO 3297:2017, la pubblicazione si identifica con l’International Standard Serial Number 2785-2695 assegnato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche.

1) Wiliarty Sarah Elise. Nuclear Power in Germany and France. Polity, 2013, pp. 281-296. 

2) Ibidem.

3) Alla Francia non dispiacciono le sue centrali nucleari. Il Post. 2021.

4) Wiliarty Sarah Elise, op. cit., pp. 281-296.

5) Ibidem.

6) Ibidem.

7) Alla Francia non dispiacciono le sue centrali nucleari. Il Post. 2021.

8) Alleanza 90/I Verdi. it.wikipedia.org.

9) Wiliarty Sarah Elise, op. cit., pp. 281-296.

10) Rutten, Daan. Energiewende: politica energetica e politica industriale. Clingendael International Energy Programme (CIEP). 2015.

11) Alla Francia non dispiacciono le sue centrali nucleari. Il Post. 2021.

12) Commissione Europea. Tassonomia dell’UE: la Commissione presenta un atto delegato complementare sul clima per accelerare la decarbonizzazione, ec.europa.eu. 2022.