I criteri di Copenaghen e i rapporti dell’Unione europea con l’Ucraina

A seguito dell’escalation del conflitto russo-ucraino e della relativa invasione del Paese a est della Polonia, si è tornato a parlare, seppur indirettamente, delle procedure di adesione all’Unione Europea. Negli anni scorsi, dopo la Brexit, abbiamo potuto imparare la procedura di fuoriuscita dall’UE ai sensi dell’articolo 50 del TUE (Trattato sull’Unione Europea)1, invece ora è il momento di praticare un piccolo e sempre utile ripasso del processo inverso, ovvero quello riguardante le procedure di adesione.

L’ingresso di uno Stato all’interno dell’Unione Europea è disciplinato dall’articolo 49 del TUE2, il quale definisce le modalità di ingresso sulla base dei criteri espressi dall’articolo 2 del medesimo Trattato3, stabilendo i principi propri dell’Unione a cui lo Stato che richiede di entrare nell’UE deve aderire. I criteri vennero stabiliti nel 1993 a Copenaghen dal Consiglio Europeo, infatti sono comunemente detti “Criteri di Copenaghene sono i seguenti: la presenza di istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti dell’uomo, il rispetto delle minoranze e la loro tutela; l’esistenza di un’economia di mercato affidabile e la capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale all’interno dell’Unione; la capacità di assumere e attuare efficacemente gli obblighi inerenti all’adesione, compresi gli obiettivi dell’unione politica, economica e monetaria.

Tali obblighi sono ineludibili per poter divenire un membro dell’eurozona, infatti i passaggi di cui al già citato art. 49 TUE si basano per lo più su di una continua valutazione da parte della Commissione Europea nel procedimento di attuazione del acquis communitarie, cioè l’insieme del corpo legislativo, dei principi e degli obiettivi politici dell’Unione europea4.

La procedura di ingresso nell’Unione Europea è molto complessa ed articolata, non a caso l’ultimo Paese ad essere entrato nell’UE è stato la Croazia nel 2013, ma dalla presentazione della domanda di ingresso al suo esito positivo sono passati dieci anni.

Sostanzialmente, la procedura è suddivisa in diverse parti: la domanda di ingresso, il parere della Commissione, lo status di candidato, i negoziati e l’adesione. 

La domanda di ingresso viene presentata formalmente dal Paese interessato al Consiglio Europeo, il quale a sua volta la comunica alla Commissione Europea, al Parlamento Europeo e ai parlamenti nazionali degli Stati membri. In seguito ad una consultazione con il Consiglio UE, la Commissione rilascia un parere soggetto all’avallo del Consiglio, il quale dichiara – se il parere è positivo – lo status di candidato  all’ingresso nell’Unione.

In seguito alla dichiarazione dello status di candidato, seguono i negoziati attraverso le conferenze intergovernative tra i governi dei Paesi dell’UE e quello del Paese candidato – In tal senso è bene ricordare che il corpo della legislazione dell’UE è composto attualmente  in 35 capitoli tematici da dover attuare tutti – e in tutto questo frangente il Consiglio UE e il PE vengono informati dalla Commissione in particolare mediante pacchetti annuali sull’allargamento composti da un documento di strategia orizzontale sotto forma di comunicazione sulla politica di allargamento e relazioni sui paesi.

Dopo tutti questi passaggi burocratici è necessari per accettarsi la piena ricezione dell’acquis communitarie, vi è la procedura di adesione tramite un trattato appositamente stilato. L’adesione deve essere approvata dal Consiglio dell’UE all’unanimità e deve ricevere l’approvazione del Parlamento europeo. Il trattato viene quindi firmato da ciascuno degli Stati membri dell’UE e dal Paese aderente. Prima di entrare in vigore, il trattato di adesione deve essere ratificato da ciascuno Stato membro dell’UE e dal Paese richiedente, in conformità con le rispettive procedure costituzionali (es. in Italia si applica l’art. 30 della Legge n. 234/20125 in attuazione degli artt. 2 e 117 Cost.).

Volendo analizzare il caso specifico dell’Ucraina, dobbiamo prima svolgere una piccola disamina storica; dal 2017 l’Ucraina gode di un accordo di stabilizzazione e associazione con l’UE siglato il 16 settembre 20146. Questo accordo a livello economico avrebbe dovuto incrementare gli introiti economici per 1,2 miliardi di euro. Inoltre dal 2017, a seguito dell’allargamento dell’area Schengen fino alla Polonia, l’UE ha approvato la liberalizzazione del regime dei visti Schengen per tutti i cittadini ucraini dotati di passaporto biometrico.7

Ora, a seguito dell’invasione russa, il Presidente Volodomir Zelensky ha chiesto un’adesione accelerata dell’Ucraina all’Unione Europea in deroga alla procedura di cui sopra, questo per garantire una risposta militare comune all’attacco della Federazione Russa nei confronti dell’Ucraina.8 

Bisogna tenere conto però che, non solo non sono previste deroghe alla procedura di adesione, ma che oltretutto una risoluzione del Parlamento Europea nel 2020, evidenziava ancora delle carenze riguardo la ricezione dell’acquis communitarie da parte dell’Ucraina, soprattutto riguardo l’anticorruzione, infatti si può leggere nel testo che “molte delle riforme avviate devono essere completate, in particolare nei settori dello Stato di diritto, della buona governance e della lotta alla corruzione, dal momento che, nonostante i notevoli progressi, la corruzione diffusa continua a ostacolare il processo di riforma dell’Ucraina”9.

Inoltre, nel report si parla anche delle elezioni presidenziali del 2019, quelle che portarono all’elezione di Zelensky a Presidente della Repubblica, lodando la pacifica transizione avvenuta in quel periodo. Ciò nonostante sussiste ancora un sistema discriminante per le donne e per i membri della comunità LGBTQ+ (punti AF e AG)10, tanto da spingere il Governo ad un pressante impegno a difesa dei diritti civili e di quelli legati alle donne (AI)11.

In sostanza l’Ucraina è ancora molto distante dal potere recepire a pieno tutte le norme e i principi previsti dall’articolo 2 del TUE, nonostante i notevoli passi avanti svolti in questi anni, ma che ancora non bastano per poter procede all’adesione del Paese nell’UE. Ciò significa che bisogna ancora porre in essere altri interventi legislativi necessari al recepimento del diritto europeo nell’ordinamento giuridico nazione ucraino.

Di certo non sta a noi giudicare la giustezza o meno della richiesta di adesione, piuttosto a noi spetta il dovere di esaminare i fatti in modo oggettivo, augurandoci che in un futuro non troppo lontano sussistano ancora le condizioni affinché l’Ucraina possa entrare a far parte dell’Unione Europea, ciò significherebbe che si è pervenuti ad una soluzione diplomatica e pacifica verso la quale l’Unione Europea propende per sua stessa vocazione.

L’autore Francesco Miragliuolo garantisce l’autenticità del contributo, fatti salvi i riferimenti agli scritti redatti da terzi. Gli stessi sono riportati nei limiti di quanto consentito dalla legge sul diritto d’autore e vengono elencati di seguito. Ai sensi della normativa ISO 3297:2017, la pubblicazione si identifica con l’International Standard Serial Number 2785-2695 assegnato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche.

1) Trattato sull’Unione Europea, dicembre 2007;

2) Ibidem;

3) Ibidem;

4) Treccani. L’insieme del corpo legislativo, dei principi e degli obiettivi politici dell’Unione europea;

5) Legge 24 dicembre 2012 n. 234;

6) Accordo di associazione UE-Ucraina, maggio 2014;

7) Relazioni UE-Ucraina nell’ambito del Trattato di Schengen, maggio 2017;

8) Conferenza stampa del Presidente della Repubblica Ucraina, ansa.it, 2022;

9) Proposta di risoluzione del Parlamento Europeo nell’ambito delle relazioni fra UE-Ucraina, 2020;

10)  Ibidem;

11)  Ibidem;